Alla
lettera M della mostra troverete una lettrice piccola piccola, Matilde.
“Scrivere
è in un certo senso propaganda” disse Dahl in un’intervista. “Matilde, per
esempio, è una smaccata propaganda per la lettura”. In questo romanzo, infatti,
la lettura apre la strada alla scoperta di un mondo straordinariamente ricco e
vario (di cui i non-lettori, come i genitori di Matilde, non sospettano nemmeno
l’esistenza), e viene presentata come un tranquillo riscatto che non solo
permette alla protagonista di dimenticare lo squallore della sua vita
familiare, ma le fornisce anche gli strumenti e le idee per lottare contro
l’ottusità e la prepotenza. L’autore sembra insomma dirci che l’intelligenza e
la cultura sono le uniche armi che i deboli possano impugnare con successo.
Matilde
è una
bambina che a tre anni ha imparato a leggere da sola e, a quattro anni e tre
mesi, dopo aver esaurito la sezione ragazzi della biblioteca pubblica, passa a
Dickens e alla Austen, a Hemingway e a Orwell. E tutto questo di nascosto dai
genitori, i signori Dalverme, che nemmeno la prendono in considerazione,
impegnati come sono il padre a fare soldi (disonestamente) con le auto usate, e
la madre a giocare a bingo, ingozzarsi di cibi precotti e guardare telenovelas.
Quando va a scuola, Matilde incontra una maestra tenera e sensibile, Betta
Dolcemiele, ma entrambe devono fare i conti con la direttrice dell’istituto, la
signorina Spezzindue, che solleva i bambini per le orecchie, afferra le bambine
per le trecce e le scaglia lontano (del resto era stata campionessa di lancio
del martello), e per punizione chiude gli alunni nello Strozzatoio. Grazie alla
pazienza, alla forza d’animo, e al potere misterioso che si sprigiona dai suoi
occhi, Matilde riuscirà a liberare la scuola dalla perfida Spezzindue, e a
vivere felice con la cara Betta Dolcemiele.
Come
nella maggior parte dei suoi libri, Roald Dahl, nel concepire i personaggi
della storia, traspose in maniera fantastica persone realmente esistite nella
realtà. Per
il signor Dalverme si ispirò a Ginger Henderson, proprietario della stazione di
servizio di Old Amersham in Inghilterra, dove visse con la madre fra il 1948 e
il 1950. Ginger Henderson aveva già ispirato Dahl per il romanzo per adulti
Fifty Thousand Frogskins in cui divenne Gordon Hawes, un truffatore che
ausculta le auto con lo stetoscopio e benché
non si fosse mai avvicinato ad Eaton, indossava la vecchia cravatta
della divisa della scuola per far colpo sui clienti. Per
la signora Spezzindue, invece, il modello fu la tremenda Sorvegliante della St.
Peter's School, che Roald frequentò fra i 9 e 13 anni.
E’
Antonio Faeti nel suo saggio I diamanti in cantina a sottolineare la
grandissima utilità pedagogica del romanzo, ponendo l’accento sulle ombre, che,
nelle storie di Dahl, regolano le relazioni adulto/bambino. Riferendosi al
rapporto fra Matilde e Betta Dolcemiele, così
scrive "mentre nel crepuscolare e onirico Kenneth Grahame la
divisione fra i bambini e i grandi, gli "Olimpii" è insanabile e non può subire eccezioni, in
Dahl, nel tremendo Dahl, nel furibondo Dahl, si hanno invece questi generosi
armistizi, questi trattati di pace, queste serene alleanze. (......) Dahl va a
prendere i suoi bambini in mezzo alle lordure, alle miserie, ai conflitti, alle
nefandezze, quindi non tace, non occulta, non censura; però consente anche di pervenire ad un
miglioramento significativo, non si nega al mutamento ed alla speranza."
Matilde
è in buona compagnia assieme a James Henry Trotter, a Charlie Bucket, a Sofia,
le cui storie raccontano sì difficoltà e disagi, ma anche “grandi speranze”.
Elena, Anna, Barbara
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