Oggi si è svolto
il primo incontro di Diario di
volo con le adolescenti di
Casa Thevenin.
Ogni ragazza ha
ricevuto un piccolo kit: una cartellina con un quaderno-diario, una piccola
guida al nostro progetto ed una alla lettura e alla poetica di Dahl.
Ritrovarsi è
stato bello ed emozionante: abbiamo recuperato il filo del nostro racconto,
interrotto molti mesi fa, e abbiamo fatto un nodo, segnando un altra tappa per
noi.
A ritrovar le
storie (A. Gozzi e M.
Morini, illustrazioni di D. I. Murgia. Edizioni Corsare, 2014) è l’espediente
che ho scelto per creare un’atmosfera suggestiva e introdurre il nostro nuovo
percorso, dedicato all’autobiografia e quindi fatto di ricordi, storie, parole
e immagini che parlino di noi.
Ecco dunque
intorno al libro, nascere magicamente il luogo dello scambio, la nostra piazza,
il nostro focolare. E nel cerchio, in mezzo a noi, quest’anno, c’è un nuovo
ospite: Roald Dahl.
Per conoscerlo,
per raccontarlo – e raccontare anche di noi – cominciamo con un gioco. E’ il
gioco dell’oca che si trova in fondo all’albo illustrato, il labirinto che
invita a continuare a narrare le storie: le proprie.
Un sassolino, un
bottone, una moneta, una chiave: usiamo piccoli oggetti come pedine. Si tira il
dado a turno e ci si sposta nelle caselle numerate che propongono temi che
richiamano alla memoria ricordi, esperienze, emozioni.
Ad ogni casella
toccata in sorte, ogni volta, il primo a parlare è Roald Dahl. Per ogni tema
proposto dal gioco, lui ha qualcosa da narrare di sé, della sua infanzia e
della sua prima giovinezza e lo fa attraverso gli avventurosi e movimentati
episodi raccolti in Boy (ed. Salani). Li leggiamo ad alta voce e
ascoltiamo, rapite. Poi tocca a noi, a raccontare.
È iniziato così,
per le ragazze, un viaggio di autoformazione al fianco di Roald Dahl: un
viaggio poetico, commovente, divertente, coraggioso e creativo.
Ognuna di loro
si mette in gioco, ognuna di loro ha bisogno di raccontarsi: stanno crescendo,
sta avvenendo la loro maturazione interiore. Forse sono pronte al gioco della
vita, magari predisposte anche a provare ad affrontare e sconfiggere quel che
le fa soffrire, magari anche a stare con gli altri e ad essere viste.
Quando
ripensiamo a ciò che abbiamo vissuto, creiamo un altro da noi. Lo vediamo
agire, sbagliare, amare, soffrire, godere, mentire, ammalarsi e gioire: ci
sdoppiamo, ci bilochiamo, ci moltiplichiamo. Assistiamo allo spettacolo della
nostra vita come spettatori: talora indulgenti, talaltra severi e carichi di
sensi di colpa, oppure, sazi di quel poco che abbiamo cercato di vivere fino in
fondo.
(D. Demetrio, Raccontarsi. L’autobiografia come
cura di sé, Raffaello Cortina ed., 1996).
Ilaria
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