Nel nostro viaggio a Casa Thevenin inseguiamo parole, in
cerca di quelle che possano esprimere chi siamo e qual è il nostro sguardo sul
mondo.
Abbiamo visto che i nostri pensieri, anche quelli che sembrano banali,
goffi, impronunciabili, hanno diritto ad essere espressi, a sbocciare, a divenire
occasioni di esperienza, organizzandoli in quadri simbolici e dando loro voce
su carta, in forma poetica.
Dopo aver affrontato il vuoto del foglio bianco, oggi cerchiamo
poesie nascoste in pagine che il tempo ha strappato a vecchi libri, ormai
destinati al macero.
Il nostro compito è quello di perlustrare brani
che ci ha offerto il caso, scritti che non hanno più una casa, un contesto, e
poi scegliere, scovare e portare alla luce le parole nascoste, giuste per
raccontare le emozioni che ci animano. Ciò che del testo originario non serve lo lasciamo da parte,
lo tagliamo, lo oscuriamo.
E’ la tecnica del caviardage
- dal francese caviar, cioè caviale - che consiste appunto nell’annerire, e quindi eliminare, le parti che non interessano
e mettere invece in evidenza i vocaboli e le frasi che per noi sono evocativi o
hanno un significato. Legate insieme, le parole scelte danno vita a nuovi
componimenti.
Quello che una volta era utilizzato come metodo di
censura per coprire parti di testo giudicate immorali, oggi diventa un atto di
libertà, una tecnica artistica in grado di produrre risultati sorprendenti, dal
forte impatto visivo: il semplice annerimento, infatti, può trasformarsi in
decorazione, le linee possono dar vita a pattern, motivi, o veri e propri
disegni, anche usando colori diversi.
Da pagine scritte da altri, dunque, nascono nuovi piccoli
capolavori: parole, segni e disegni si fondono, danno vita a poesie visive, che
tracciano racconti di esperienze ed esprimono emozioni a volte troppo complicate
da riferire a voce.
La parola poesia trova
la sua etimologia nel verbo greco poiéin, che significa inventare, comporre, produrre qualcosa senza
uno scopo concreto, significa fare,
ma in un’accezione differente rispetto a prattein,
che invece indica un fare legato
all’esperienza, all’agire, un realizzare
in funzione di. La poesia in effetti non è vincolata alle leggi della logica
e della ragione, si esprime attraverso rappresentazioni, ci parla attraverso
simboli, metafore; indubbiamente però può essere concreta e avere finalità
precise.
Negli atelier, questo vale ancora di più: il pensiero,
la composizione e la produzione sono imprescindibili dal fare esperienza.
Chiedo di riflettere, di farlo intensamente, chiedo di produrre idee, di
ascoltare il proprio personale sentire e di esprimerlo in modo simbolico. Ma
l’atelier è anche una dimensione empirica, pragmatica, e mi aspetto,
ambiziosamente, che ciò che sperimentiamo possa arrivare a generare effetti
diretti sulla realtà, essere utile alle mie interlocutrici e produrre benessere.
Mi viene in mente un albo illustrato di J.P. Siméon e O. Tallec, Questa è la poesia che guarisce i pesci (Lapis, 2007). Leòn,
il pesce rosso di Arturo, sta morendo di noia: per salvarlo serve una poesia da
regalargli. “Una po - e - sia? Ma che cos’è una poesia?” Arturo non lo sa. La
cerca per casa, domandando agli oggetti del quotidiano e che però non sanno rispondergli. Il
bambino non si arrende, “è cocciuto”, e allora cerca la definizione chiedendo alle persone che conosce:
a Lolo, che aggiusta le biciclette e sa sempre tutto, alla panettiera, al
vecchio Mahmoud che viene dal deserto, alla nonna, al nonno e persino ad Aristofane,
il suo canarino, “che non ha affatto un cervello da uccellino”. Ma ognuno gli
dà una risposta differente. Il pesce ormai giace come addormentato nell’acquario, tra
le alghe, sotto un grosso ciottolo. “Mi dispiace Leòn, non
ho trovato una sola poesia”. Arturo, rassegnato, ripete al pesce tutto quello che gli è stato
spiegato, tutte le informazioni raccolte:
Tutto quello che so è
che
una poesia
è quando hai il cielo
in bocca,
è calda come il pane:
ne mangi e ancora ne
rimane.
Una poesia
è quando senti battere
il cuore delle pietre,
quando le parole
battono le ali,
è un canto di
prigionia.
Una poesia
È quando rigiri le
parole
Da cima a fondo
E hop!
Diventa nuovo il
mondo!
Invenzione, esperienza e anche uno scopo: il collage di
parole scelte e pronunciate non solo guarisce Leòn, ma regala ad Arturo la
scoperta di essere poeta. Per fare poesia bisogna cercare dentro noi, in profondità, attingere
al nostro sentire, al nostro vissuto e provare ad esprimerlo con le immagini più
adatte.
Ilaria
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