giovedì 11 febbraio 2016

Agricoltura, nonni e sogni con le gambe



Nel cuore del Casentino, tra le incantevoli colline che abbracciano un paesaggio mozzafiato, ieri mattina ci ha accolto Elena Bertini una giovane imprenditrice agricola che coltiva alberi di Natale, patate, frutti di bosco e mele profumate. Elena è una delle donne che fa parte del comitato IFE della Camera di Commercio, ed è proprio lì che ci siamo conosciute qualche mese fa, quando emozionate e trepidanti presentavamo il nostro progetto.

La sua azienda, che fa vendita diretta anche attraverso la consegna delle cassette con i prodotti a casa dei clienti, è completamente a gestione familiare e vanta una storia di memoria, tramandata di generazione in generazione.

Un tempo, titolare dell’azienda era il nonno di Elena, un uomo che aveva sempre lavorato la terra, prima facendo il mezzadro e poi mettendo in piedi un’attività tutta sua. 

E’ così che cresce Elena, in mezzo alla natura e agli animali: da bambina accompagnava il nonno nelle occupazioni quotidiane, mano nella mano, osservando tutto quello che faceva e aiutandolo in piccole cose. “Io crescevo e il nonno invecchiava. Sono diventata il suo bastone, il suo appoggio”. Così, se durante la prima adolescenza Elena aveva pensato di diventare una guardia forestale, con gli anni intuisce che può dare al suo sogno una forma diversa e nel 2001 decide di rilevare l’azienda. “A quel sogno – spiega - ho messo non le ali, ma le gambe”.

Non è stato facile, perché Elena era giovanissima, gli amici non la capivano e i professionisti del settore le dicevano che non aveva il fisico adatto a questo mestiere. Questioni di genere: quello dell’agricoltura è considerato un ambito maschile. Ma l’intraprendenza, la voglia di fare e la concretezza hanno dato a questa giovane imprenditrice la possibilità di svolgere al meglio il suo lavoro, acquisendo sempre maggiori competenze e dando al suo lavoro una veste personalissima, che si rinnova continuamente.

L’azienda mantiene però la dimensione tutta familiare e quell’antico principio di reciprocità per cui si lavora tenendosi per mano e appoggiandosi l’uno all’altro.



Quando ho raccontato la storia di Elena alle libraie de La Casa sull’Albero, hanno subito pensato alla storia di Sofia (Gerda Muller, La vita segreta dell’orto, Babalibri, 2013), una bambina che, alla fine dell'anno scolastico, va a trascorrere le vacanze dai nonni. Quella che la aspetta è un'avventura faticosa ma sorprendente, perché guidata da nonno Giovanni scopre i segreti della vita di campagna, impara a curare l'orto e sperimenta quanto impegno e lavoro occorrano per portare in tavola le verdure che mangiamo. Alla fine dell’estate per lei sarà dura separarsi dalla natura e tornare in città, ma grazie al sapere dei nonni e all’esperienza fatta, deciderà di seminare, innaffiare e produrre ortaggi anche sul balcone di casa.





La vita segreta dell'orto è una storia garbata, piacevole, arricchita da osservazioni scientifiche, un glossario di termini tecnici e illustrazioni particolareggiate. Ha il merito di insegnare i segreti della natura ai più piccoli, anche a quelli che a differenza di Sofia e di Elena non vivono in campagna e vedono le verdure soltanto sui banchi del supermercato: è importante sensibilizzare proprio questi bambini alle pratiche e ai valori del mondo agricolo, per diffondere i saperi legati alla salvaguardia dell’ambiente, alla cultura del cibo e alle possibili alternative alla globalizzazione alimentare. Elena stessa ci ricorda che ciò che funziona di più è creare occasioni di esperienza diretta nelle fattorie e nelle aziende del territorio, che sono luoghi di incontro fra generazioni e culture, in cui i bambini si riapproprieranno del legame con la terra e la natura e acquisiranno il valore della manualità e della lentezza.

Conoscere la natura, ci dice infatti Gerda Muller, significa amarla, rispettarla e proteggerla:

Se per te è una gioia camminare in un bosco fresco e silenzioso, sguazzare nell’acqua limpida, osservare un volo d’uccelli al tramonto, devi sentire il dovere di proteggere queste ricchezze, in modo che la tua gioia la possano provare ancora milioni di persone dopo di te, come milioni l’hanno provata prima di te.

Quelle di Elena e Sofia sono anche storie di memoria, che ci ricordano il valore della relazioni tra nonni e nipoti. L’incontro tra generazioni che si tramandano saperi attiva un rapporto con il passato privo di retorica e ricco, invece, di freschezza e vitalità: promuove una cultura della memoria capace di stabilire significative connessioni e interazioni nel proprio contesto storico, ambientale ed esistenziale, innescando scintille preziose per lo sviluppo di progettualità future.

Anche Roald Dahl ebbe una relazione profonda con i suoi nonni. Ce ne parla in Boy, in cui ci racconta che ogni estate andava a trovare Bestemama e Bestepapa in Norvegia con la madre, il fratello, le sorelle e la tata. 

La comitiva veniva accolta calorosamente, tra baci e lacrime di commozione e la casa cupa e silenziosa si risvegliava. La nonna aveva “i capelli bianchi, il viso rugoso da vecchio uccello, sempre seduta sulla sua sedia a dondolo”; il nonno, silenzioso, sedeva in poltrona,  “portava stivaletti neri e fumava una pipa fantastica”, “era uno studioso piccolino, pieno di dignità, con un pizzetto bianco […], era astrologo, meteorologo e parlava il greco antico”. 


 Bestepapa e Bestemama con Astri, la sorella di Dahl

Vale la pena ricordare che quelle estati in Norvegia erano vacanze straordinarie, a contatto con la natura: Roald, la brigata di fratelli e la madre, a bordo di una barchetta, filavano tra gli stretti canali e le isole rocciose, immergendo le dita nell’acqua traslucida e ascoltando il clic-clic sincronizzato dei remi. Raggiungevano la loro isola segreta, e pescavano in riva al mare, facevano il bagno e giocavano. 

Dahl riprende e romanza l’aspetto autobiografico di un’infanzia trascorsa tra Inghilterra e Norvegia, nel suo Le streghe, che si svolge proprio tra questi due paesi e ha per protagonista un bambino che rimane orfano di entrambi i genitori e secondo la loro indicazione testamentaria va a vivere con la nonna, una donna vigorosa, energica e un po’ bizzarra che fuma il sigaro e sa raccontare storie bellissime:

... la adoravo (devo confessare che a volte mi sembrava di voler più bene a lei che alla mamma)... era una narratrice bravissima e le sue storie mi piacevano immensamente, ma rimasi incantato solo quando cominciò a parlare delle streghe... Troneggiava maestosa nella poltrona, riempiendola tutta e neppure un minuscolo topino sarebbe riuscito a trovare posto accanto a lei.

Charlie e la nonna si ritroveranno nel bel mezzo di un convegno di streghe, signore eleganti che si fingono benefattrici impegnate nella protezione dell’infanzia maltrattata, ma il coraggio, l’intraprendenza e la loro speciale relazione, riusciranno a ostacolare la realizzazione del terribile disegno ideato dalle streghe: trasformare in topi tutti i bambini d’Inghilterra. 




Dahl, attraverso la straordinaria figura della nonna, il suo carattere posato ma risoluto e tenace, ci mostra un modello di relazione e di educazione positivo, ricordandoci che l’amore e la cura sono più potenti delle malvagità di  cui molti adulti insospettabili - che "vivono in case qualunque, indossano abiti qualunque e fanno mestieri qualunque” - possono essere capaci.


Ilaria

Nessun commento:

Posta un commento