lunedì 1 febbraio 2016

La poesia nascosta


Nel nostro viaggio a Casa Thevenin inseguiamo parole, in cerca di quelle che possano esprimere chi siamo e qual è il nostro sguardo sul mondo. 
Abbiamo visto che i nostri pensieri, anche quelli che sembrano banali, goffi, impronunciabili, hanno diritto ad essere espressi, a sbocciare, a divenire occasioni di esperienza, organizzandoli in quadri simbolici e dando loro voce su carta, in forma poetica.
Dopo aver affrontato il vuoto del foglio bianco, oggi cerchiamo poesie nascoste in pagine che il tempo ha strappato a vecchi libri, ormai destinati al macero.
Il nostro compito è quello di perlustrare brani che ci ha offerto il caso, scritti che non hanno più una casa, un contesto, e poi scegliere, scovare e portare alla luce le parole nascoste, giuste per raccontare le emozioni che ci animano. Ciò che del testo originario non serve lo lasciamo da parte, lo tagliamo, lo oscuriamo.
E’ la tecnica del caviardage - dal francese caviar, cioè caviale - che consiste appunto nell’annerire, e quindi eliminare, le parti che non interessano e mettere invece in evidenza i vocaboli e le frasi che per noi sono evocativi o hanno un significato. Legate insieme, le parole scelte danno vita a nuovi componimenti.  
Quello che una volta era utilizzato come metodo di censura per coprire parti di testo giudicate immorali, oggi diventa un atto di libertà, una tecnica artistica in grado di produrre risultati sorprendenti, dal forte impatto visivo: il semplice annerimento, infatti, può trasformarsi in decorazione, le linee possono dar vita a pattern, motivi, o veri e propri disegni, anche usando colori diversi.
Da pagine scritte da altri, dunque, nascono nuovi piccoli capolavori: parole, segni e disegni si fondono, danno vita a poesie visive, che tracciano racconti di esperienze ed esprimono emozioni a volte troppo complicate da riferire a voce.

La parola poesia trova la sua etimologia nel verbo greco poiéin, che significa inventare, comporre, produrre qualcosa senza uno scopo concreto, significa fare, ma in un’accezione differente rispetto a prattein, che invece indica un fare legato all’esperienza, all’agire, un realizzare in funzione di. La poesia in effetti non è vincolata alle leggi della logica e della ragione, si esprime attraverso rappresentazioni, ci parla attraverso simboli, metafore; indubbiamente però può essere concreta e avere finalità precise.
Negli atelier, questo vale ancora di più: il pensiero, la composizione e la produzione sono imprescindibili dal fare esperienza. Chiedo di riflettere, di farlo intensamente, chiedo di produrre idee, di ascoltare il proprio personale sentire e di esprimerlo in modo simbolico. Ma l’atelier è anche una dimensione empirica, pragmatica, e mi aspetto, ambiziosamente, che ciò che sperimentiamo possa arrivare a generare effetti diretti sulla realtà, essere utile alle mie interlocutrici e produrre benessere.
Mi viene in mente un albo illustrato di  J.P. Siméon e O. Tallec, Questa è la poesia che guarisce i pesci (Lapis, 2007). Leòn, il pesce rosso di Arturo, sta morendo di noia: per salvarlo serve una poesia da regalargli. “Una po - e - sia? Ma che cos’è una poesia?” Arturo non lo sa. La cerca per casa, domandando agli oggetti del quotidiano e che però non sanno rispondergli. Il bambino non si arrende, “è cocciuto”, e allora cerca la definizione chiedendo alle persone che conosce: a Lolo, che aggiusta le biciclette e sa sempre tutto, alla panettiera, al vecchio Mahmoud che viene dal deserto, alla nonna, al nonno e persino ad Aristofane, il suo canarino, “che non ha affatto un cervello da uccellino”. Ma ognuno gli dà una risposta differente. Il pesce ormai giace come addormentato nell’acquario, tra le alghe, sotto un grosso ciottolo. “Mi dispiace Leòn, non ho trovato una sola poesia”. Arturo, rassegnato, ripete al pesce tutto quello che gli è stato spiegato, tutte le informazioni raccolte:

Tutto quello che so è che
una poesia
è quando hai il cielo in bocca,
è calda come il pane:
ne mangi e ancora ne rimane.
Una poesia
è quando senti battere
il cuore delle pietre,
quando le parole battono le ali,
è un canto di prigionia.
Una poesia
È quando rigiri le parole
Da cima a fondo
E hop!
Diventa nuovo il mondo!

Invenzione, esperienza e anche uno scopo: il collage di parole scelte e pronunciate non solo guarisce Leòn, ma regala ad Arturo la scoperta di essere poeta. Per fare poesia bisogna cercare dentro noi, in profondità, attingere al nostro sentire, al nostro vissuto e provare ad esprimerlo con le immagini più adatte.

Ilaria


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