lunedì 8 febbraio 2016

Frammenti in cartolina


Crescere è come imboccare una galleria della quale conosciamo il punto d’entrata, ma dalla quale non sappiamo quando e come usciremo. La metafora è suggerita da Silvia Vecchini, che nel suo incantevole Vetro (Fulmino edizioni, 2015) indaga delicatamente il momento di passaggio dell’adolescenza con un racconto scandito da frasi brevi, che donano al testo il ritmo della poesia e che assomigliano al palpito di un cuore.

Mi dicono che sono cambiata ma che ancora 
cambierò. E tra poco sarà tutto diverso e anch’io.
Mi sento dentro una specie di galleria. So come sono entrata, più o meno.

Non so come ne uscirò.

La lunga stagione del diventare grandi è segnata da trasformazioni profonde, che si vedono impresse nel corpo, e che, soprattutto, si sentono avvenire dentro. Crescere a volte è sentire una parte di te che non c’è eppure duole. Si riconoscono certi segnali, indizi di qualcosa che sta cambiando, e si vivono con sentimenti contraddittori: inquietudine e trepidazione, malinconia ed entusiasmo. E’ un sentire confuso, è come guardare, e guardarsi, attraverso un pezzo di vetro: 

Mio cuore
Pezzo di vetro
Guardando attraverso
Vedo un poco distorto
Quello che perdo
Quello che ho dentro
Il nuovo che sento già pronto.

La protagonista del racconto ama scrivere. Traccia parole e segni sui vetri appannati, disegna alberi sui margini dei libri e quello che teniamo tra le mani e leggiamo potrebbe essere il suo diario, il quaderno in cui annota i suoi pensieri. L’amore per la scrittura della ragazzina è certamente la radice che fa nascere l’idea di inviare una cartolina a se stessa, prima che il passaggio sia avvenuto e il cambiamento compiuto:

Non ho mai scritto una cartolina.
Me ne scrivo una, dal mare.

Nell’indirizzo metto il mio nome.
Io soltanto so che, una volta arrivata, la metterò
Via per leggerla tra qualche tempo.
(Due anni? Tre? Cinque? Quanto è lunga la 
galleria?). Ho pensato a tutto.

Perché se sarò così diversa, chi sarò?
Meglio scrivere un promemoria di chi sono adesso.

Silvia Vecchini ci mostra ancora una volta un passaggio segreto per affrontare la scrittura autobiografica e dunque oggi, a Casa Thevenin, ho proposto alle ragazze di scrivere a se stesse come fa la protagonista del libro: una cartolina per non dimenticare chi sono loro oggi e cosa sognano, cosa amano e da cosa sono spaventate.
C’è chi si entusiasma, perché ama proiettarsi nel tempo, attraversarlo e conquistarlo; c’è chi pensa di non aver nulla da dire; c’è chi ha un po’ paura e preferirebbe non farsi troppe domande e c’è chi non si fida delle domande che fai tu e, quindi, non vorrebbe dare risposte. Ma se si ha la pazienza di aspettare, quella di ascoltare, se si prova a soffiare sull’immaginazione stanca con sufficiente delicatezza e cautela, allora, alla fine, le parole usciranno dalla penna di tutte: storie di unghie laccate su mani da bambina, collezioni di draghi, frasi di canzoni appena inventate, malinconie; frammenti di vita quotidiana e sogni, come quello di diventare un fisico e, nell’attesa, tingersi i capelli di bianco per assomigliare ad Einstein. Le cartoline cristallizzano questo momento di passaggio attraverso la galleria che consente il lento, graduale migrare da una sponda a un’altra della vita, da un modo di essere a un altro. La scrittura, riflessiva e narrativa, facilita la scoperta di sensazioni e la sua traduzione in pensieri, fino anche allo sviluppo di nuove consapevolezze. 

Nel caso di queste ragazze, il promemoria dovrà compiere un doppio itinerario, lo stesso della loro doppia fatica: non soltanto queste ragazze devono attraversare la fase della crescita, ma anche percorrere la galleria verso l’uscita da quella più particolare condizione di solitudine. È una spedizione fragile e se la destinazione è il futuro, per queste ragazze non c’è neanche un indirizzo certo a cui spedire il messaggio. 

Ma conserveranno questo promemoria insieme a pezzi di vetro colorati e ad altri tesori, nelle loro cassette segrete, come faceva anche Roald Dahl, o tra le pagine di un libro. E quando raggiungeranno l’uscita dalla galleria (perché la troveranno) rileggeranno cosa hanno scritto oggi, si riconosceranno tra le righe e, commuovendosi un po’, ricorderanno com’erano e cosa immaginavano. Ripenseranno a questa giornata e soprattutto a questo momento incerto, a come l’hanno affrontato, a come hanno esplorato il mondo, a come si sono spinte ogni giorno un po’ più in là, fino a quella strada laggiù, dietro la curva, dopo i giardini, guardando coraggiosamente oltre gli ostacoli. 

Ilaria


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