mercoledì 20 aprile 2016

M come Matilde



Alla lettera M della mostra troverete una lettrice piccola piccola, Matilde.

Scrivere è in un certo senso propaganda” disse Dahl in un’intervista. “Matilde, per esempio, è una smaccata propaganda per la lettura”. In questo romanzo, infatti, la lettura apre la strada alla scoperta di un mondo straordinariamente ricco e vario (di cui i non-lettori, come i genitori di Matilde, non sospettano nemmeno l’esistenza), e viene presentata come un tranquillo riscatto che non solo permette alla protagonista di dimenticare lo squallore della sua vita familiare, ma le fornisce anche gli strumenti e le idee per lottare contro l’ottusità e la prepotenza. L’autore sembra insomma dirci che l’intelligenza e la cultura sono le uniche armi che i deboli possano impugnare con successo.

Matilde è una bambina che a tre anni ha imparato  a leggere da sola e, a quattro anni e tre mesi, dopo aver esaurito la sezione ragazzi della biblioteca pubblica, passa a Dickens e alla Austen, a Hemingway e a Orwell. E tutto questo di nascosto dai genitori, i signori Dalverme, che nemmeno la prendono in considerazione, impegnati come sono il padre a fare soldi (disonestamente) con le auto usate, e la madre a giocare a bingo, ingozzarsi di cibi precotti e guardare telenovelas. Quando va a scuola, Matilde incontra una maestra tenera e sensibile, Betta Dolcemiele, ma entrambe devono fare i conti con la direttrice dell’istituto, la signorina Spezzindue, che solleva i bambini per le orecchie, afferra le bambine per le trecce e le scaglia lontano (del resto era stata campionessa di lancio del martello), e per punizione chiude gli alunni nello Strozzatoio. Grazie alla pazienza, alla forza d’animo, e al potere misterioso che si sprigiona dai suoi occhi, Matilde riuscirà a liberare la scuola dalla perfida Spezzindue, e a vivere felice con la cara Betta Dolcemiele.

Come nella maggior parte dei suoi libri, Roald Dahl, nel concepire i personaggi della storia, traspose in maniera fantastica persone realmente esistite nella realtà. Per il signor Dalverme si ispirò a Ginger Henderson, proprietario della stazione di servizio di Old Amersham in Inghilterra, dove visse con la madre fra il 1948 e il 1950. Ginger Henderson aveva già ispirato Dahl per il romanzo per adulti Fifty Thousand Frogskins in cui divenne Gordon Hawes, un truffatore che ausculta le auto con lo stetoscopio e benché  non si fosse mai avvicinato ad Eaton, indossava la vecchia cravatta della divisa della scuola per far colpo sui clienti. Per la signora Spezzindue, invece, il modello fu la tremenda Sorvegliante della St. Peter's School, che Roald frequentò fra i 9 e 13 anni.

E’ Antonio Faeti nel suo saggio I diamanti in cantina a sottolineare la grandissima utilità pedagogica del romanzo, ponendo l’accento sulle ombre, che, nelle storie di Dahl, regolano le relazioni adulto/bambino. Riferendosi al rapporto fra Matilde e Betta Dolcemiele, così  scrive "mentre nel crepuscolare e onirico Kenneth Grahame la divisione fra i bambini e i grandi, gli "Olimpii" è  insanabile e non può subire eccezioni, in Dahl, nel tremendo Dahl, nel furibondo Dahl, si hanno invece questi generosi armistizi, questi trattati di pace, queste serene alleanze. (......) Dahl va a prendere i suoi bambini in mezzo alle lordure, alle miserie, ai conflitti, alle nefandezze, quindi non tace, non occulta, non censura; però  consente anche di pervenire ad un miglioramento significativo, non si nega al mutamento ed alla speranza."

Matilde è in buona compagnia assieme a James Henry Trotter, a Charlie Bucket, a Sofia, le cui storie raccontano sì difficoltà e disagi, ma anche “grandi speranze”. 

Elena, Anna, Barbara

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